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METTI UN GIORNO A URBANIA, A CASA DELLA BEFANA

METTI UN GIORNO A URBANIA, A CASA DELLA BEFANA

Passato il Natale, la strada verso la fine delle festività è già in discesa. Tuttavia non ci dimentichiamo che tra pochi giorni sarà il turno di una simpatica vecchietta che arriverà a cavallo di una scopa, volteggiando in cielo carica di calze zeppe di dolciumi. L’Epifania, che tutte le feste si porta via… o meglio, la Befana, che vien di notte con le scarpe tutte rotte e le toppe alla sottana…Viva viva la Befana!

Al posto della classica settimana bianca in montagna, per quest’ultima tranche di festività natalizie mi permetto di suggerirvi un itinerario un po’ più originale. Siete mai stati a visitare la Casa della Befana? Quella vera. E dov’è? Vi chiederete. Seguitemi e vi ci porterò.

Siamo nelle Marche, in provincia di Pesaro Urbino, in un borgo anticamente chiamato Casteldurante e che oggi conosciamo tutti come Urbania. Cos’ha in comune questo luogo con la simpatica vecchietta? Ebbene, secondo la leggenda, sarebbe proprio qui – a Casteldurante, ora Urbania – che ella ha eletto la sua dimora.

Ogni anno, a cavallo dell’Epifania, qui si tiene la Festa Nazionale della Befana, con una serie di iniziative a lei dedicate, culminanti con la discesa, carica di dolciumi, dalla Torre Campanaria.

Urbania_Palazzo Ducale – Photo Credit Ufficio Turistico Comune di Urbania

Ma andiamo per gradi. Quanto ne sapete di Urbania? Situata nell’Alta Valle del Metauro, è considerata una delle più belle valli marchigiane e già dal VI e VII secolo è costellata da abbazie, eremi, monasteri e pievi in quanto essa nasce come colonia della Roma dei Papi. Cittadina guelfa, nel corso della sua storia ha cambiato nome per ben quattro volte: il più antico sembrerebbe risalire all’età romana e potrebbe essere Urbinum Metaurense, divenuto poi Castel delle Ripe e con questo nome conosciuto fino al XIII secolo. In quel periodo infatti, l’insediamento venne distrutto per ben due volte consecutive in seguito a conflitti politici con la vicina e potente città di Urbino. Fu comunque ricostruita, tra il 1280 e il 1282 in funzione antighibellina, per volere di Papa Martino IV da Guglielmo Durante, Uditore delle Romagne e poi Vescovo di Mende, da cui deriva il nome acquisito nel 1284, ovvero Casteldurante. La lotta per l’indipendenza da Urbino è andata tuttavia avanti per secoli e dopo un lungo percorso si concluse con l’elevazione dell’Abbazia a Diocesi e del Castello a città nel 1636. Autore di tale processo fu Papa Urbano VIII, da cui dunque scaturisce l’attuale nome che identifica questo territorio: Urbania.

 

 

URBANIA, E’ QUI LA VERA CASA DELLA BEFANA

Ufficio Postale della Befana a Urbania

Con la sua inseparabile scopa, peregrinando per il mondo, la Befana di luoghi ne ha visti davvero tanti. Ma per mettere radici ha scelto questa cittadina tranquilla e genuina, famosa nel mondo per le sue maioliche, i suoi monumenti e oggi anche per essere il rifugio della simpatica vecchina, dove ella si ritira per riprendersi dalle fatiche della lunga notte di consegne. Per questo motivo, ogni anno, a cavallo dell’Epifania, Urbania si anima con una grande festa, che ha come obiettivo principale non soltanto quello di portare dolci e sorrisi a grandi e piccini, ma anche la riscoperta dell’aspetto pedagogico che la sua visita incarnava in passato per le famiglie. La sua venuta infatti, rappresentava per i genitori un modo fantastico di premiare o punire i figli per il comportamento da loro tenuto durante l’anno, e per i bambini una trepidante attesa per il giudizio della loro condotta. Esistono tuttavia anche una serie di leggende legate alla Befana. In una prima interpretazione, la sua origine si colloca nella notte dei tempi e sembrerebbe discendere da tradizioni magiche precristiane; il termine Befana deriva infatti dal greco Epifania, ovvero manifestazione, apparizione. Ma c’è anche una leggenda, della tradizione cristiana, che la vuole legata al viaggio dei Re Magi verso Betlemme: si narra infatti che in una freddissima notte d’inverno Gaspare, Melchiorre e Baldassarre non riuscendo a trovare la strada avessero chiesto indicazioni ad una vecchietta alla quale chiesero di unirsi a loro per proseguire il cammino. Ella rifiutò l’invito, salvo poi pentirsene subito dopo. Prese quindi un sacco pieno di dolci e si mise a cercarli, senza successo, bussando ad ogni porta e lasciando ai bambini che incontrava i suoi dolcetti, nella speranza che tra di loro ci fosse anche Gesù Bambino.

Nella sua interpretazione più pagana, la Festa della Befana ha altresì finalità di riscoperta dell’aspetto puramente folcloristico di questo angolo delle Marche, così come anche tutte le altre iniziative che da fine novembre al 6 gennaio, da qualche anno a questa parte, vanno a comporre il palinsesto de “Il Natale che non ti aspetti”, evento diffuso che coinvolge numerosi territori, tra borghi e città.

101 perché sulla storia delle Marche che non puoi non sapere – di Samuele Sabatini

101 PERCHE’ SULLA STORIA DELLE MARCHE

Ma già che siete nelle Marche, se avete voglia di allungare il viaggio, vi suggerisco di prendere spunto da un libro scritto da un amico, Samuele Sabatini ed edito da Newton Compton, dal titolo “101 perché sulla storia delle Marche che non puoi non sapere”. In questa pubblicazione, ciò che emerge è il lato nascosto agli occhi dei più di questa terra che si allunga dall’Appennino al mare: centouno domande a cui si prova a dare risposta, tra curiosità, aneddoti e leggende, storie di luoghi, di personaggi, di monumenti e di cucina.

LA COLAZIONE DELLA BEFANA

E a proposito di cucina, leggendo la storia della Befana di Urbania, mi sono imbattuta in un passaggio che mi ha fatto sgranare gli occhi. Avete mai sentito parlare della “Colazione della Befana”? Se il vostro primo commento a questa domanda sarà “non mi pare”, allora vuol dire che non ci avete mai avuto a che fare. Altrimenti ve lo sareste ricordato. Il motivo? Vedete un po’ voi: trippa, coratella d’agnello, salsicce e fagioli con le cotiche, crostolo con gli affettati e formaggi locali, agnello coi carciofi, coniglio, carne ai ferri, baccalà con patate, verdure, pane e fiumi di vino bianco e rosso. La mattina del 6 gennaio. Alle 7. Certo, dopo aver passato la nottata in bianco, infilandosi nei tanti camini e riempiendo calze, la vecchietta avrà certamente bisogno di riprendere le forze. E quale modo migliore se non assaggiando i tanti piatti tipici di Urbania?

 

 

LA RICETTA: IL CROSTOLO DI URBANIA

Di fronte a cotanta varietà, ho scelto di riproporre a voi la ricetta forse più semplice, ovvero quella del Crostolo di Urbania. Trattasi di un’antica preparazione che accomuna tutti i paesi della Valle del Metauro, utilizzata prevalentemente in sostituzione del pane e dall’aspetto simile a quello della più nota piadina romagnola.

La lista degli ingredienti è corta, per quattro persone si calcolano:

4 uova

800 gr di farina

100 gr di strutto di maiale

¼ litro di latte

Sale e pepe q.b.

Preparazione:

Crostolo di Urbania, prodotto tipico del territorio

Porre la farina sulla spianatoia, fare la fontana e rompervi al centro le uova intere, quindi aggiungere lo strutto ammorbidito a temperatura ambiente, un pizzico di sale e uno di pepe per ogni uovo. Versare il latte e sbattere il tutto con una forchetta, incorporando la farina un po’ alla volta.

Lavorare poi con le mani, fino ad ottenere un impasto ben omogeneo e piuttosto morbido, quindi lasciarlo riposare coperto in una terrina almeno per un’ora, dopodiché tagliare l’impasto in due o tre pezzi e ricavare da ognuno una sfoglia molto sottile.

Ungere a questo punto tutta la superficie con dello strutto morbido, tenere ferma con una mano un’estremità e con l’altra ruotarlo su se stesso, formando una specie di “chiocciola”, quindi staccare la pasta e procedere con un altro. Alla fine, dovranno essere disposti su una tovaglia infarinata e coperti con un canovaccio, dopodiché andranno spianati uno alla volta fino a formare un disco dallo spessore di mezzo centimetro circa. A quel punto vanno unti con lo strutto su entrambi i lati, pronti per essere passati per pochi minuti sulla griglia rovente della brace del camino, da cui andranno tolti quando assumeranno un colore uniformemente dorato.

Esiste altresì una variante del crostolo appena descritto, ovvero la base di polenta. In questo caso si taglia a pezzetti la polenta già cotta e si aggiungono uova e farina per formare un impasto da spianare col mattarello e cuocere come sopra. In entrambe le versioni, l’abbinamento ideale del crostolo è con verdure cotte di stagione, formaggio pecorino, salumi e insaccati.

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